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Immagine del redattoreSilvia Nicolardi

Introspezione


Stop!

Se stai leggendo questo articolo significa che ti stai interessando ad un argomento che può in qualche modo portare consapevolezza in te. Quindi prima di iniziare, posa il giornale, chiudi gli occhi e respira profondamente. Fai esperienza di questo istante, completamente, qui ed ora, tu, il tuo corpo, le tue sensazioni. Basta. Se lo hai fatto, hai sperimentato quello che viene chiamato “stato di presenza”. I nostri ritmi quotidiani ci obbligano spesso a concentrare la nostra attenzione verso l’esterno, senza che ci resti molto tempo per guardare dentro di noi. La maggioranza delle persone, purtroppo, tende a vivere come se fosse in uno stato di sonno: nasce, vive (o possiamo dire sopravvive) e muore, attraversando questa vita circondato dall’inconsapevolezza, preda di illusioni e concezioni di sé e del mondo limitanti o addirittura erronee. Per arrivare ad un contatto con le proprie parti più profonde esistono davvero molti modi oggi come oggi, dallo yoga alla meditazione, alla mindfulness ecc. Sicuramente il primo passo da fare è comprendere cosa è davvero l’introspezione.

La parola “introspezione” è stata oggetto di molte domande e controversie nell’ambito della filosofia e della psicologia. Oggi si afferma che l’introspezione è il processo mentale per cui una persona guarda dentro di sé ed è in grado di analizzare le sue esperienze; realizza un’auto-osservazione dei processi della sua coscienza (oggetti privati, fatti mentali o fenomeni). Si tratta, quindi, della capacità di riflessione che la mente possiede per diventare cosciente dei suoi stessi stati e fare riferimento a essi. Questo processo viene anche chiamato “metacognizione”, cioè sono consapevole della consapevolezza. Sì, sembra un po’ contorto, ma non lo è, basta prendere confidenza con i propri stati interiori. Più nello specifico, la metacognizione permette all’individuo che la possiede di mentalizzare, cioè vedere e capire se stesso e gli altri in termini di stati mentali (sentimenti, convinzioni, intenzioni e desideri), pensare e compiere riflessioni sul proprio e altrui comportamento. Tale capacità è caratterizzata da una componente autoriflessiva e da una interpersonale, grazie alle quali l’individuo può distinguere la realtà interna da quella esterna, i processi intrapsichici da quelli relazionali. Lo sviluppo della metacognizione, conosciuta anche come funzione riflessiva del Sé, ha inizio durante l’infanzia, momento evolutivo in cui avviene gradualmente un passaggio dai modelli mentali teleologici a quelli mentalizzati: tale passaggio dipende principalmente dalla qualità delle relazioni interpersonali tra il bambino e l’adulto che si prende cura di lui. (L.Valenti)

L'introspezione consiste quindi nell'osservazione di questi stati interni, nell’attitudine a seguire il flusso dei propri pensieri e cercare di capire la propria vera natura. Ma è anche osservazione dell’altro, discernimento, concentrazione, riflessione, autoeducazione, volontà di andare oltre, ampliare le proprie conoscenze ed i propri orizzonti. Intanto bisogna precisare che possediamo tutti doti di introspezione e consapevolezza, la differenza la fa la forza di volontà. Ma anche quella a volte viene a mancare e le cause possono essere davvero molte:

· Meccanismi di difesa

· Autosabotaggi

· Mancanza di energia

· Paura del cambiamento

· Sofferenza

· Inquietudine

· Credenze limitanti

· Attaccamenti etc.


Voglio qui soffermarmi sulla questione dell’energia ed inserire qualche dato scientifico, cosa che ho piacere di fare nei miei scritti in modo da rendere ben chiara la distinzione tra discipline energetiche e quella che viene etichettata come “stravaganza new age”.

“Bioenergetica” deriva da Bioenergia ed indica il flusso ed il processo energetico di ogni persona, la respirazione ed il metabolismo energetico. L’energia in senso lato è ciò che ci mantiene vivi e vitali (forza, benessere, coraggio, apertura, aggressività) in rapporto positivo con la realtà che ci circonda, in grado di agire efficacemente nel mondo. Alexander Lowen, psichiatra psicoterapeuta, ideatore dell’Analisi Bioenergetica, afferma che “il corpo non mente”: il linguaggio del corpo è autentico, ci comunica direttamente quello che succede dentro noi stessi (rabbia, paura, tristezza, gioia, solitudine, eccitazione). Il corpo in Bioenergetica non è quello statico ed “organico” oggetto della scienza medica, ma è un corpo che esprime la globalità e l’unicità della persona partendo dal principio dell’identità funzionale tra psichico e corporeo. Sia S. Freud in passato che gli studi attuali delle neuroscienze sulle emozioni e sulla memoria, hanno confermato a livello sperimentale le intuizioni di Lowen, consentendo anche una ridefinizione teorica delle sue basi fondanti. Quest’ultimo sosteneva infatti la tesi freudiana secondo cui l’Io, essenzialmente corporeo, è “la complessa struttura umana organizzata come individuo cosciente e caratterizzata dalla possibilità di autopercepirsi”. La percezione, essendo corporea, mette la persona a diretto contatto con il proprio corpo, con i propri confini corporei e quindi con l’Io. Essa è l’aspetto propriocettivo, ma anche la consapevolezza che include gli aspetti viscerali e muscolo-scheletrici. Ogni emozione s’innesta sempre su una percezione sensoriale che è una percezione del Sé, cioè del proprio corpo. Il corpo così come è rappresentato nel cervello costituisce l’indispensabile cornice di riferimento per i processi neurali che avvertiamo come mente. Le nostre azioni e i pensieri impiegano il corpo come riferimento. Le nostre menti non sarebbero quello che sono se non fosse per l’azione reciproca di mente e cervello. (Damasio, 1995). Vi è una precisa corrispondenza tra l’espressione corporea, cioè gli schemi motori delle emozioni e i circuiti cerebrali corrispondenti, ma non sempre con gli aspetti cognitivi. Tutti i dati disponibili sostengono infatti l’ipotesi secondo cui certe aree emotive del cervello possono funzionare in condizioni di particolare disconnessione dalle aree cognitive.” (A.Vecci)

Quindi per comprendere come il corpo, la mente, le emozioni e le relazioni interpersonali si influenzino reciprocamente, è necessario approfondire come reagisce fisiologicamente il cervello agli stati interni. Esiste una mappa psicosomatica (mappa PNEI) che riunisce in modo sintetico le più recenti conoscenze sui neurotrasmettitori, i comportamenti fisici, emozionali e psicologici ad essi legati con le tre principali strutture neuropsichiche:

1) la centralità della gestione delle informazioni gestite dall’area talamoipotalamica che ipotizziamo sia direttamente in relazione con la Coscienza di Sé.

2) La polarità dei due emisferi e del sistema autonomo simpatico e parasimpatico.

3) La triplicità delle strutture neuropsichiche dei tre cervelli (encefalo, cuore, intestino).

Da questa sintesi nasce una nuova visione della psicosomatica e delle personalità umane e inizia un nuovo capitolo di sintesi tra gli antichi e nuovi modelli psicosomatici, come già da tempo auspicato dalle direttive internazionali dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, come espresso nella Dichiarazione di Alma Ata (1978) e nella Carta di Ottawa (1986).

Dall'approfondimento di queste ultime teorizzazioni, sono stati studiati in modo approfondito i principali neurotrasmettitori e ormoni “psicosomatici”, ossia capaci di generare specifici comportamenti fisici, istintivi, emotivi e psichici. Rappresentano quindi sostanze chiave capaci di influenzare le matrici neuropsichiche dei temperamenti e delle personalità umane. Sono stati identificati determinati ormoni-neurotrasmettitori con una evidente attività psicosomatica: serotonina, dopamina, cortisolo, adrenalina, noradrenalina, ossitocina, endorfina. A questi possono essere aggiunti altri ormoni-neurotrasmettitori con minori effetti psicosomatici: DEHA, melatonina, GABA, glutammato. Ognuno di questi ormoni-neurotrasmettitori attiva uno specifico “sistema funzionale psicosomatico” che si esprime attraverso un insieme di specifici comportamenti fisici, emotivi e psicologici che chiamiamo neuropersonalità o neurotemperamenti. (ad esempio, l’adrenalina attiva il “sistema funzionale di attacco o fuga” che si manifesta come “neuropersonalità adrenalinica” ecc..). (Istituto di Neuropsicosomatica)

In anteprima (!) riporto un estratto del mio prossimo libro in uscita a breve: “Il nostro cervello è la parte superiore di un sistema nervoso esteso e distribuito in tutto il corpo. Per il sistema nervoso centrale l'esperienza implica l'attivazione di scariche neurali in risposta agli stimoli: i neuroni si attivano quando noi facciamo un’esperienza creando un potenziale d'azione e trasmettendo l'informazione agli altri neuroni. Quindi quello che viviamo modifica non solo le reazioni del nostro cervello, ma anche la sua struttura. È altresì importante ricordare che quando si studia il funzionamento del nostro cervello ci si trova davanti ad uno schema estremamente complesso di flussi elettrici e chimici. Grazie al complesso meccanismo di stimolazione elettro-chimica, ciascuna area cerebrale può svolgere un gruppo di funzioni o una singola attività.

Le pratiche di consapevolezza ed introspezione quindi rappresentano una forma di esperienza che promuove la plasticità neuronale (la capacità del cervello di modificare la propria struttura nel corso del tempo in risposta all'esperienza). Secondo le scoperte di Richard Davidson, nei soggetti che praticano la mindfulness, per esempio, si verificano cambiamenti funzionali di alcune aree della corteccia cerebrale. L'entità di questi cambiamenti del cervello è correlata all’efficienza del sistema immunitario, quindi la mindfulness non solo aiuta a sentirsi bene e a superare in modo più rapido i sentimenti negativi, ma migliora effettivamente anche la salute fisica. I cambiamenti avvengono non solo sul piano della struttura (riorganizzazione le reti neuronali), ma anche nelle funzioni cerebrali, nell’esperienza mentale e negli stati corporei.

Alcuni effetti della mindfulness e degli stati di presenza:

Diminuzione dei livelli di cortisolo: le ricerche dimostrano che praticando la mindfulness si presentano livelli inferiori di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress.

Diminuzione dei livelli di sostanze chimiche da effetto infiammatorio che rilasciamo quando siamo stressati, come le chitochine, che provocano diversi sintomi di depressione.

Aumento della melatonina e della serotonina, neurotrasmettitori che sono implicati nella stabilità dell’umore, nello sviluppo di emozioni positive, nella prevenzione dello stress e dei processi d’invecchiamento.

Aumento marcato del rilascio di dopamina: sostanza legata al senso del benessere che incrementa i segnali nervosi nelle regioni connesse alla regolazione dell’umore e al controllo dell’attenzione.

Diminuzione dell’attività e dello spessore dell’amigdala: struttura del sistema limbico che regola le nostre reazioni di stress, collegate alla paura e all’ansia e che risulta iperattiva nelle persone depresse.

Diminuzione della ruminazione (vagabondaggio mentale), in quanto riduce l’attività della rete cerebrale di default. La modalità predefinita degli umani infatti è quella del vagabondaggio mentale, che è in correlazione con l’infelicità.

Aumento dell’attività nella corteccia prefrontale sinistra: l’attivazione di quest’area è legata alle sensazioni di benessere, alle emozioni positive e alla regolazione delle emozioni.

Attivazione del sistema nervoso parasimpatico (mindfulness, meditazione del respiro): ristabilizza il corpo dopo reazioni di stress, con una conseguente diminuzione del battito cardiaco e della pressione arteriosa.

Aumento della risposta immunitaria, il che indica che la meditazione può contribuire a rafforzare il sistema immunitario.

Aumento dello spessore della materia grigia in aree come l’ippocampo, che gioca un ruolo importante nei processi di apprendimento e di memoria.

Flessibilità di risposta: è la capacità di fermarsi un momento prima di agire. Un simile processo richiede la valutazione degli stimoli presenti, il ritardo della reazione, la selezione tra le opzioni disponibili e l’inizio dell’azione. Determinate aree del cervello lavorano in concerto per arrivare a questo risultato.

Empatia: determinate aree del cervello preposte alla risonanza ed alla percezione dell’altro iniziano a lavorare in modo diverso portando ad una immaginazione empatica di ciò che l’altro sta provando e di quello che sta accadendo nella sua mente.

Insorgenza di insight (intuizione): connessione tra passato (storia della nostra vita), presente (consapevolezza cosciente) e futuro (rappresentazioni ed immagini del proprio futuro). Viene elaborata una conoscenza profonda dei processi interni, su più livelli, grazie alla rete di comunicazione che si crea tra alcuni organi interni. (cuore, polmoni, intestino). Questa rete influenza il nostro ragionamento e quindi le nostre reazioni.”

Mi auguro che questo breve articolo possa in qualche modo aprire le porte alla comprensione di metodologie e tecniche spesso ancora incomprese e che soprattutto renda visibile come la consapevolezza, l’autoanalisi e tutto ciò che ne consegue, non siano un percorso per pochi, ma una reale possibilità che conduce ad un radicale cambiamento della nostra percezione della realtà e quindi anche della nostra vita.


Articolo pubblicato sulla rivista ufficiale di Feditalimprese PIemonte


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