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Immagine del redattoreSilvia Nicolardi

Il simbolismo della sirenetta, dalla fiaba al film.



“Nei miti e nelle fiabe, come nel sogno l’Anima testimonia di se stessa e gli archetipi si rivelano nella loro naturale correlazione come: il formarsi, il trasformarsi, il conservarsi eterno della eterna idea”

C.G. Jung


La scrittura di questo articolo è stata impegnativa. Non per la raccolta del materiale o per l’analisi, ma per la fiaba stessa. La mia preferita da sempre. Sono stata affascinata ed attratta fin da bambina da tutto ciò che è legato al mare: rumore, profumo, la sensazione di perdersi in quel blu che cambia a seconda del tempo e della profondità. E poi il mistero, quel qualcosa di inafferrabile ed in qualche modo ambivalente che si nasconde nelle acque immense. “Laggiù abitano le genti del mare” …(Andersen). Ma la fiaba, come sappiamo, non è fine a se stessa: leggerla o ascoltarla rievoca in noi contenuti, emozioni, pensieri… ed è stato così anche per me. Ho avuto bisogno di tempo per elaborare quanto emergeva e per riprendere la scrittura: il potere della fiaba, la potenza dell’Inconscio.

Vi è una trama sottile che unisce tutte le fiabe: il viaggio dell’Io alla scoperta di Sé e alla conquista dell’Anima. Ogni personaggio ha un ruolo, ogni storia un evolversi, ogni simbolo si presenta a noi travestito da qualcosa che possiamo cogliere, seppur inizialmente, in un significato comprensibile alla mente conscia. Ma gli Archetipi ed i simboli hanno questa peculiarità: si adattano a divenire ciò che possiamo comprendere per poi trasformarsi in un contenuto profondo e trasformarci, attraverso il vivere di esso nella nostra psiche. Proprio come Nettuno/Poseidone, il Re dei mari che prende la forma che più gli “garba” per incarnare le energie, come l’acqua che rappresenta le infinite possibilità, ma anche gli infiniti pericoli della fluidità del nostro inconscio.

Ogni fiaba ha funzione di narrazione terapeutica, è un riconoscersi e raccontarsi per ritrovare il senso del proprio vivere accedendo ad un piano metaforico e simbolico, legato al senso della vita stessa. Secondo M.L. Von Franz (nota autrice ed esperta sull’argomento) “Le fiabe sono l’espressione più pura e semplice dei processi psichici dell’inconscio collettivo. Per l’indagine scientifica dell’inconscio esse valgono più d’ogni altro materiale. In questa forma così pura, le immagini archetipiche ci offrono i migliori indizi per comprendere i processi che si svolgono nella psiche collettiva.”

Chi di noi non ha letto la fiaba della Sirenetta? La fiaba, non il film o l’animazione della Disney. Sì, perché ci sono molte differenze, sostanziali differenze.


La trama della fiaba


La Sirenetta vive negli abissi del mare con suo padre, il Re del Mare, rimasto vedovo, sua nonna e cinque sorelle maggiori. A quindici anni, secondo la tradizione delle sirene, le viene concesso di nuotare fino alla superficie per guardare il mondo sopra il mare. La Sirenetta scorge così una nave comandata da un bellissimo principe, di cui si innamora. La nave viene travolta da una terribile tempesta, ma la Sirenetta riesce a salvare il principe e portarlo in salvo su una spiaggia vicino a un tempio. Il principe, tuttavia, ha perso conoscenza e non ha modo di vederla. La Sirenetta passa i giorni che seguono sospirando e sognando il principe e desiderando di avere un'anima e una vita eterna come gli esseri umani; il destino di tutte le sirene, infatti, non avendo un’anima immortale, è quello di dissolversi in schiuma marina. Alla fine, decide di recarsi dalla Strega del Mare, con la quale stringe un patto: le preparerà una pozione che le consentirà di avere le gambe come gli umani, in cambio della voce. La magia le toglierà la parola e le consentirà di camminare, ma non senza un ulteriore prezzo da pagare: ad ogni passo sarà come essere trapassata dai coltelli ed inoltre, non potrà più tornare ad essere una sirena. Se il principe si innamorerà di lei e la sposerà, la Sirenetta otterrà un'anima e rimarrà con lui; se egli sposerà un'altra, il mattino dopo le nozze la Sirenetta morirà trasformandosi in schiuma di mare. La Sirenetta beve la pozione e incontra il principe, che è subito attratto dalla bellezza e dalla grazia della fanciulla. Ma la Sirenetta purtroppo non può parlare, così l'attrazione che il principe prova per lei non riesce a trasformarsi in vero amore. Un giorno il principe si reca in un regno vicino in cerca di una moglie. Si scopre che la figlia del re di quel regno è la fanciulla che aveva trovato il principe sulla spiaggia dopo il naufragio. Il principe si ricorda di lei, se ne innamora e presto le nozze vengono annunciate. La Sirenetta è disperata. Quando giunge la notte delle nozze, le sue sorelle le consegnano un pugnale magico che hanno ottenuto per lei dalla Strega del Mare in cambio dei loro capelli. Se la Sirenetta, con quel pugnale, ucciderà il principe e bagnerà i propri piedi con il sangue del medesimo prima del sorgere del sole, potrà tornare ad essere una sirena e tornare a vivere nel mondo marino. La Sirenetta, tuttavia, ama troppo il principe per farlo, quindi butta il pugnale nell'acqua, e al sorgere del sole sta per trasformarsi in schiuma. La sua bontà viene però premiata ed anziché morire diventa una figlia dell'aria, un essere invisibile, con la promessa di ottenere un'anima e volare in Paradiso dopo trecento anni di buone azioni: per ogni bambino buono che riuscirà a trovare e a cui sorriderà le verrà risparmiato un anno di attesa; per ogni bambino cattivo, invece, piangerà e dovrà aspettare un giorno di prova per ogni lacrima.


Forse non tutti sanno che…


La fiaba della Sirenetta non rappresenta l'espressione di contenuti attinti dalla tradizione popolare e del mito, ma piuttosto risente della cultura e dello spirito del tempo, oltre che delle problematiche dello stesso Andersen. La Sirenetta parla del viaggio dell’Anima, prima di tutto quella dell’uomo che l’ha creata, che racconta se stesso, la sofferenza per un amore impossibile, il senso di isolamento, il suo sentirsi profondamente “diverso”. Lo scrittore l’ha dedicata ad un giovane di cui si era perdutamente innamorato ma che aveva scelto di sposare un’altra, esattamente come farà il principe nella fiaba. L’autore, figlio di un calzolaio malato di mente e di una lavandaia, è un uomo dalla personalità problematica. Egli descrive con apparente semplicità la propria bruttezza e povertà, cercando un risarcimento nel successo letterario. Ha quindi un rilevante significato il fatto che egli, nel momento in cui decide di raccontare una storia di emarginazione e diversità, scelga proprio la figura della sirena. Il successo di questa fiaba nel mondo, porta a pensare che essa, in qualche modo, riesca a travalicare i confini del vissuto individuale per arrivare ad un territorio di tipo transpersonale. Sirena, metà pesce e metà donna: essere inafferrabile che ci riporta all'inesauribile rapporto dell'inconscio con la coscienza e viceversa, con tutti i rischi che questo comporta. Scrive Jung: “Chi guarda nell'acqua vede, è vero, la propria immagine. Ma ben presto dietro di essa emergono esseri viventi.” Qui Jung allude ad un aspetto istintuale, indifferenziato che non si è ancora separato dall'inconscio. La sirena appare, così un insieme indistinto di opposti: il pesce e la donna, ciò che sta dentro e ciò che sta fuori. Il Logos e l'inconscietà, lo spirito e la materia, l'Eros e l'aggressività. La necessità di differenziare il binomio Donna/Pesce spiega l'infinito gioco di opposti di cui si alimenta la vita della psiche con il concetto di funzione simbolica: la Sirenetta si fa emblema della via individuativa e conquistare l'Anima equivale ad accedere alla coscienza simbolica che mette in comunicazione il conscio con l'inconscio, il personale con l'archetipico, che sblocca il potenziale energetico affondato nelle profondità della psiche. “L’antica scissione si manifesta nella sua profonda inquietudine: ogni sua decisione prevede una lacerazione del corpo e dell’anima. Forse l’immagine che la rappresenta al meglio è proprio quella che ci è più famigliare: intenta a scrutare l’orizzonte da uno scoglio, sospesa fra i due mondi. Fra mare e cielo.” (libricalzelunghe.it)


Differenze nella trama


È evidente da subito la grande differenza nella trama e soprattutto nel finale della fiaba, del cartone animato e del film. Secondo la tradizione, alle sirene non è vietato osservare il mondo degli uomini, ma è consentito farlo solo una volta raggiunta l’età di quindici anni. Le cinque sorelle maggiori della Sirenetta vivono quell’esperienza tanto anelata e, dai loro racconti, lei si crea un’immagine sempre più vivida del mondo terreste e nasce una irresistibile necessità di entrarvi in contatto. Ma si attiene rigorosa alle regole dettate dalla famiglia, aspettando il suo quindicesimo compleanno. Al compimento dei 15 anni finalmente si affaccia al mondo terrestre e rimane ad osservarlo, in particolare la nave in cui il principe festeggia il suo compleanno. All’improvviso, la tempesta, dalla quale avrà inizio l’avventura: lei salverà lui e da quel momento tutto cambierà, non potrà tornare quella di prima, alla vita nelle profondità. Sia nella fiaba che nel film, la tempesta rappresenterà quindi l’evento scatenante, esattamente ciò che accade nella psiche quando qualcosa del mondo esterno provoca uno shock: nulla sarà più come prima e noi saremo chiamati a seguire ed assecondare quel richiamo. Nel cartone animato e nel film, seppure Re Tritone proibisca fermamente ad Ariel di raggiungere la superficie perché spaventato dai pericoli che la giovane principessa potrebbe correre, lei ci va quasi quotidianamente, raccogliendo e collezionando oggetti più disparati, persi dai marinai e dalle navi. Notiamo la differenza nel comportamento e nel temperamento di Ariel, la ribelle per eccellenza, che non accetta i dogmi imposti dalla famiglia. A contraddistinguerla in questo senso anche i capelli rossi (colore notoriamente associato al fuoco della ribellione), mentre nella fiaba la Sirenetta ha i capelli biondi e viene descritta da Andersen “Una bambina tranquilla e pensierosa”.

Qui nasce la motivazione, profondamente diversa, che spinge all’azione: la Sirenetta della fiaba vuole avere un’Anima e sa che potrà ottenerla solo se un uomo si innamorerà di lei. Ecco che il principe non diventa solo un desiderio di amore, ma anche un mezzo per possedere un’Anima eterna e quindi per scoprire se stessa, nella sua completezza.

“Noi possiamo arrivare fino a trecento anni di età, ma quando poi cessiamo di esistere, non resta di noi che un po' di schiuma sull'acqua, neppure una tomba abbiamo insieme ai nostri cari. Noi non abbiamo un'anima immortale, non avremo altra vita, siamo come il giunco che una volta tagliato non rinverdisce più. Gli uomini invece hanno un'anima che vive sempre, che continua a vivere dopo che il corpo è diventato terra; per l'aria chiara l'anima si alza fino alle stelle lucenti. Come noi ci affacciamo sul mare e vediamo i paesi degli uomini, così essi si affacciano a luoghi sconosciuti e bellissimi, che noi non arriveremo mai a vedere. E perché noi non abbiamo un'anima immortale? chiese la piccola sirena con tristezza. Io darei cento dei miei anni per essere una creatura umana, anche solo per un giorno, e abitare poi nel regno celeste… Non c'è nulla che io possa fare per ottenere un'anima immortale? No! disse la vecchia. Soltanto se un uomo s'innamorasse di te e ti amasse più di suo padre e più di sua madre, e ti fosse devoto nel cuore e nello spirito, e un prete mettesse allora la sua mano nella tua facendovi giurare fedeltà eterna, solo allora la sua anima entrerebbe nel tuo corpo e tu potresti partecipare alla felicità degli uomini! L'uomo ti darebbe un'anima pur serbando la propria.”

Ariel invece, prima ancora di conoscere Eric, anela già alla superficie, ma per curiosità di spirito e di scoperta di ciò che è sconosciuto, che è oltre il suo mondo. Nel film, viene ancora più enfatizzato il concetto di emancipazione, non solo dalla famiglia e dalle regole imposte, ma anche dal maschile. Cosa che vedremo ancora più chiaramente nel finale.

La Sirenetta allora decide di rivolgersi alla Strega del mare, spinta dal bisogno di liberarsi e di ritrovare il principe che aveva salvato dalla tempesta e del quale, già in precedenza, aveva conservato la statua andata persa nel mare. Qui vediamo che la Sirenetta prende da sola questa decisione, mentre nel cartone e nel film ci sono i due infidi amici di Ursula a tentarla, le due murene. Ursula tenta in ogni modo di convincere Ariel a fare il patto che le avrebbe tolto la voce e dato le gambe, mentre la Strega del mare nella fiaba, le prospetta comunque una situazione di sofferenza: “Ora ti preparo una bevanda che dovrai portare con te sulla terra prima che spunti il sole, e che dovrai bere sulla spiaggia; allora la tua coda si restringerà e si spartirà, come dicono gli uomini in due graziose gambe; ti farà male, come se una spada affilata ti attraversasse le membra; tutti quelli che ti vedranno diranno che tu sei la fanciulla più bella che abbiano mai visto! Serberai la tua soave andatura, non vi sarà ballerina altrettanto lieve nella danza, ma ad ogni passo ti sembrerà di camminare sopra lame taglienti così che verserai sangue. Se accetti queste sofferenze, ti potrò aiutare…Ma ricordati, una volta assunta la forma umana, non potrai ridiventare sirena mal più. Mai più discenderai nel fondo del mare presso le tue sorelle e nella casa di tuo padre; e se non conquisterai l'amore del principe al punto che egli per te egli dimentichi padre e madre, e abbia tutto il cuore e la mente fissi in te, e lasci che il prete ponga la tua nella sua mano perché siate marito e moglie, tu non otterrai un'anima immortale! Se egli sposa un'altra donna, il primo mattino dopo il matrimonio, il tuo cuore si spezzerà e tu non sarai che schiuma sulle onde!”

Ed ecco un concetto ridondante in tutta la fiaba: la sofferenza in cambio della realizzazione dei propri desideri.

Nell’animazione Ariel sceglie di firmare il patto, ma se non dovesse far innamorare il principe puntando “solo” sul suo bell’aspetto, tornerà sirena e sarà prigioniera di Ursula. Nella fiaba vi è tutt’altra prospettiva: non solo non potrà mai più tornare sirena, ma morirà e diventerà schiuma. Se l’Ariel del cartone pecca di ingenuità e impulsività, nella fiaba la scelta è ben più impegnativa e viene presa con un notevole peso sul cuore, non in preda a ribellione, ma alla disperazione e alla necessità di trovare un’Anima, oltre che un amore. E, forse, pensando alla vita dell’autore, per trovare un reale motivo per vivere e sentirsi vivo. I toni della fiaba sono ben più drammatici ed il messaggio che mandano è molto profondo. La sirenetta di Andersen diventa una martire disposta a soffrire e sacrificarsi in nome dell’amore, sua unica ragione di vita: tutto ha un prezzo e niente può essere conquistato senza un sacrificio. La sofferenza, sia fisica che emotiva, è vista da Andersen come il sacrificio che dobbiamo compiere per avere in cambio una ricompensa. Più è grande la ricompensa e più profondo deve essere il sacrificio: se aspiriamo ad un premio così grande come l’Anima dobbiamo sopportare enormi sofferenze.


Il concetto di sirena e voce


Dal “Libro del simboli Riflessioni sulle immagini archetipiche” di Archive for Research in Archetypal Symbolism (Taschen): Fu la maga Circe, sulla cui isola Ulisse rimase bloccato per qualche tempo dopo la guerra di Troia, a presagire i numerosi pericoli, tra cui il canto delle Sirene, che l'eroe greco avrebbe incontrato nel suo viaggio verso casa. Circe consigliò a Ulisse di farsi le gare all'albero maestro della sua imbarcazione per riuscire a resistere al canto ammaliatore e non farsi trascinare sulla loro spiaggia ricoperta di trifogli. L'equipaggio avrebbe dovuto tapparsi le orecchie con la cera e ignorare le suppliche del capitano di essere liberato; avrebbe dovuto continuare a remare per mettersi in salvo dalle incarnazioni degli "impulsi e dei desideri incontrollati e dirompenti per l'amore, l'arte o la filosofia: le voci magiche che chiamano l'uomo dalla 'terra dei desideri del cuore"' Attirando l'Io fuori bordo, portando la coscienza fuori rotta e cancellando la memoria e i mezzi per raggiungere la meta prefissata, nella psiche la Sirena rappresenta uno degli aspetti più mortali dell'anima . Simbolo della pazzia distruttiva originata dalla seduzione, dalla dipendenza e dalle manie, la Sirena è la figlia di un dio del fiume e di una musa e la sua voce squisitamente divina si combina con il potere della distruzione. È un essere soprannaturale, solo in parte con sembianze umane: il volto, e talvolta anche il seno e le braccia, sono di una giovane donna, mentre il corpo è di un uccello, con artigli, ali e piume. È volubile, fugace, primordiale; prende di mira soprattutto la coscienza in bonaccia nei periodi senza vento (probabilmente è proprio la Sirena a placare, con l'inganno, il mare), quando la vitalità e la creatività sono in stallo. Le Sirene rappresentano, nello specifico, la tentazione della musica, l'ombra mortale dello stupendo risuonare delle sfere; sono muse diaboliche: onniscienti, profetiche, ammalianti.

Erano tetri gli scenari che le sirene evocavano fino al 1837, quando Andersen ne trasformò completamente l’immagine: esse non erano più soltanto creature sensuali e bellissime, seducenti e fatali, ma donne sognanti ed innamorate, esseri dall’animo puro ed incontaminato. Attraverso questa fiaba cambiò universalmente il simbolismo della sirena, che diventò così rappresentante di un femminile magico ed incantevole. Un femminile che rappresenta l’Anima e la ricerca di essa, attraverso un percorso di iniziazione tra abissi e superficie, nella soglia tra due mondi.

E la voce? Qui non parliamo solo di voce, ma anche di canto, di melodia. Quindi del potere che anche i suoni hanno sulla psiche. La voce è il risultato di un accordo psicofisico tra corpo, essenza e manifestazione di sé, esprime la presenza, in ogni sfumatura, permette l’espressione della personalità così come le fratture dell’identità personale. Notiamo come dal canto ammaliante e mortale delle sirene della mitologia, siamo passati ad un concetto di voce completamente diverso. Una voce soave e magica che permane nella mente e affascina, quasi ipnotizza. Ma si parla anche di silenzio, che ben rappresenta anche lo stato di quiete degli abissi marini e della mente, quando si riesce a placarne le tempeste. Nel silenzio iniziano spesso i veri “viaggi”, interiori, evolutivi. Qui la protagonista vive una condizione di silenzio forzato, seppur scelto, che le impedisce di esprimersi e di farsi riconoscere dal principe, che lei stessa aveva salvato dalla tempesta. In questo silenzio ogni gesto, ogni espressione diventano fondamentali e carichi di intenso significato, si fanno portatori di messaggi subliminali in un certo senso. Ma dall’altra parte dovrebbe esserci qualcuno abbastanza desto da coglierli, da saper leggere dentro al silenzio la presenza di un’Anima che lo richiama, lo richiama a se stesso, a guardare oltre ciò che è udibile, oltre ciò che è manifesto. La Sirenetta ha scelto: la voce in cambio delle gambe e della possibilità di conquistare il suo principe, il suo Animus. Ed insieme a lui anche la sua stessa Anima. (La psiche ha in sé una energia maschile ed una femminile; quindi, l’Anima è la componente femminile presente nell’apparato psichico di ogni uomo e l’Animus è la componente maschile nella psiche delle donne. La vita è l’unione di energie complementari, ognuna delle quali tende verso l’altra, compensandola. Ogni essere umano esprime un’energia dominante, ma contiene, in secondo piano, anche quella opposta.) La voce, l’espressione di sé, barattata per una parte del corpo, le gambe, che l’avrebbero resa donna umana e liberata dalla sua stessa natura “animale”, dalla sua parte istintuale. Ma ovviamente, trasformando il suo corpo ha snaturato se stessa e perso la possibilità di farsi conoscere e riconoscere attraverso l’unica cosa che glielo avrebbe permesso, la sua voce, la sua identità. Per una sirena, la voce è tutto: nel suo canto risiede l’in-canto.


I personaggi


Nella fiaba originale, di nessuno dei personaggi viene citato il nome. Forse questo suggerisce una possibile forma di immedesimazione più personale e rende i personaggi stessi più rarefatti, indefiniti in qualche modo. Il nome invece rappresenta un’identità che qui viene celata e lasciata alla nostra immaginazione.

Nella fiaba è presente una figura femminile molto importante, direi quasi trainante. La nonna. Emergono subito concetti fondamentali: le memorie, l’ereditarietà, il femminile, il richiamo della famiglia di origine. La nonna è la detentrice delle radici familiari, è una figura archetipica, un simbolo, un messaggero di un mondo lontano, un ponte tra un passato lontano ed il presente. Ella è la custode dei segreti di famiglia, quel personaggio che “tramanda” alla sirenetta e alle sue sorelle i racconti della vita sulla Terra, ed in questo tramandare possiamo riconoscere il potere della parola, dell’insegnamento, dell’ascolto e soprattutto dell’immaginazione. Quell’immaginazione che porta la nostra Sirenetta a fantasticare, a sognare e ad agire di conseguenza per far diventare reali questi sogni. La potenza del legame femminile tra donne della famiglia, tra nonna e nipoti e tra sorelle è un altro punto importante che va un po’ a perdersi, sia nel cartone animato che nel film. Mentre nella fiaba questo legame è ciò che poi porterà alla salvezza, la vera salvezza dell’Anima. Quello che la figura della nonna cerca di rappresentare è anche la voce della saggezza, della coscienza. È quella parte interiore che in ognuno di noi vive come la “persona del saggio”, colui che ci protegge, anche in modo imperativo e duro, come la funzione junghiana di coscienza appunto. La nonna raccomanda alla Sirenetta di non salire in superficie, esattamente come la coscienza tenta di non far emergere i contenuti inconsci che reputa pericolosi per l’equilibrio della psiche. La nonna attacca sulla coda della Sirenetta otto grandi ostriche, come simbolo del suo illustre casato e per temprare il suo carattere, mitigando il suo orgoglio. Una sorta di rito di passaggio: “Fanno tanto male!” … “Chi vuol essere bella, deve soffrire un poco”. Parole care ai detti popolari e che riportano all’idea della sofferenza come via per la crescita.

Ma come cresceremmo ed evolveremmo se rimanessimo fermi seguendo i dettami della coscienza, in alcuni casi, limitante? Ed infatti la Sirenetta, come tutti gli eroi, disubbidisce e segue il richiamo del Sé, il richiamo al cambiamento, alla scoperta, all’emancipazione.

Parliamo della Strega del mare. La figura che emerge dalla fiaba rappresenta non solo l’antagonista classico di ogni fiaba, ma anche l’Ombra. L'Ombra come parte della personalità costituisce l'insieme di quelle tendenze, caratteristiche, desideri, atteggiamenti che non sono accettati da parte dell'Io e che rimangono perlopiù inconsce. Come C.G. Jung afferma: “La figura dell'Ombra personifica tutto ciò che il soggetto non riconosce e che pur tuttavia, in maniera diretta o indiretta, instancabilmente lo perseguita: per esempio tratti del carattere poco apprezzabili o altre tendenze incompatibili”. L'Ombra è l'ignoto, l'Altro, il diverso, il nemico, l'osceno, l’immorale, l’inespresso. La sua integrazione determina una profonda trasformazione e un ampliamento della coscienza e della consapevolezza. La Sirenetta, come tutti i protagonisti e come tutti noi, incontra l’Ombra fuori da sé, impersonificata nel “cattivo” di turno. La Strega del mare le mostra la cruda realtà, le espone chiaramente il dolore e la sofferenza che proverà se sceglierà di perseguire il suo sogno. Ma nonostante questo, la tenta.

“Ma io devo essere pagata!», disse la strega, «e non è poco quello che pretendo. Tu hai la voce più bella tra tutte le creature del mare, e sei certa che con essa saprai sedurlo, ma quella voce io la voglio. Voglio ciò che tu hai di più bello in cambio della mia preziosa bevanda! Poiché io dovrò versare il mio stesso sangue, così che il filtro diventi caustico come spada a doppia lama! Ma se tu prendi la mia voce», disse la piccola sirena, che cosa mi rimane? La tua stupenda persona», disse la strega, «l'andatura soave e gli occhi eloquenti; ti basteranno per sedurre il cuore di un uomo! Ma guarda, dov'è andato a finire il tuo coraggio? Tira fuori la tua linguetta, che io la tagli; è il pagamento del mio filtro potente! E sia! Disse la piccola sirena … la strega si scalfì il petto per far gocciolare del nero sangue”. Ecco il ricatto dell’Ombra: io voglio la tua voce, la tua capacità di esprimere te stessa, la tua identità ed in cambio ti darò una bevanda magica, un liquido attinto dal mio sangue che ti permetterà di trasformarti e di non tornare mai più quella che eri in precedenza. Ed ecco che dall’incontro con l’Ombra inizia il processo di trasmutazione alchemica: ogni operazione alchemica simboleggia una tappa della trasformazione psicologica. Jung riteneva che le quattro fasi alchemiche fossero proiezioni psicologiche del processo di crescita interiore e di individuazione. Quindi l’opera alchemica può essere letta come una metafora del cammino della psiche verso la totalità. Ad ogni fase è associato un colore: Nigredo/Nero, Albedo/Bianco, Citrinitas/Giallo, Rubedo/Rosso. Notiamo come nella fiaba, attraverso il suo sangue nero, la Strega/Ombra renda possibile l’inizio di tale processo: la materia iniziale viene dissolta, calcinata, polverizzata e depurata. Abbandonando ogni certezza ‘diurna’, il soggetto si confronta con i contenuti rimossi della propria psiche e inizia così quel percorso di ‘discesa all’Ade’ o «viaggio notturno per mare» che lo porterà ad ampliare le proprie conoscenze e potenzialità, fino a quel momento limitate alla dimensione cosciente dell’Io. Dunque, la Nigredo ci consente di avviare l’opera di conoscenza di noi stessi e, al contempo, ci mette di fronte alle nostre debolezze in modo impietoso. (Von Franz).


"Solo dopo la notte più buia si farà giorno. Coprite dunque i lumi e restate in silenzio, affinché la notte divenga buia e silente. Il sole sorge senza il nostro aiuto. Solo chi conosce l’errore più nero sa che cos’è la luce". Jung


Nel cartone e nel film, Ursula impersonifica “il male”, la vendetta e la rivalsa. Sentimenti che in qualche modo tutti proviamo nella vita, almeno una volta. Ma difficilmente ci immedesimiamo nei “cattivi”, anche noi ripudiamo l’Ombra. Ursula inoltre agisce per sabotare Ariel, mentre nella fiaba questo non avviene. L’Ombra avvia un processo interiore che farà il suo corso. Possiamo comprendere qui il vero senso di questo archetipo: non è sabotante, ma essenziale anzi ai fini della crescita, della trasformazione.

Ed eccoci al principe. Personaggio un po’ superficiale e leggero nella fiaba. Ritroviamo un ragazzo che si accontenta pur di soddisfare la necessità regale del matrimonio. In entrambe le versioni, infatti, il principe si innamora della prima ragazza che vede aprendo gli occhi dopo il naufragio: nel cartone e nel film questa fanciulla è Ariel, ma nella fiaba no. Nella formula disneyana, la voce di Ariel si imprime nella testa di Eric (il classico canto ammaliante della sirena), dando vita ad un filo conduttore che porterà Eric a cercare “quella voce” e ad avere una possibilità più concreta per riconoscere Ariel.

Nella fiaba, il principe si risveglia sulla sabbia e vede una fanciulla del tempio lì vicino che lo sveglia e se ne prende cura. Completamente ignaro di cosa sia realmente avvenuto, lui si innamora di lei, non collegando minimamente la Sirenetta al suo salvataggio. Quando lei riesce ad arrivare sulla terra e a far parte della vita del castello, tra loro nasce un affetto e creano un legame. Ma il principe le dice chiaramente: “Certo, tu mi sei più cara di tutti, perché nessuno ha il cuore buono come te e nessuno mi è devoto come lo sei tu; e poi tu mi ricordi una fanciulla che ho visto una volta ma che probabilmente non potrò più ritrovare…mi salvò la vita; la vidi due volte; è la sola che io posso amare su questa terra, ma tu le somigli e quasi hai preso il suo posto nel mio cuore; essa appartiene al sacro tempio, e perciò la mia buona sorte ti ha mandato da me, e non ci separeremo mai più.” Un amore, quello della Sirenetta, non ricambiato. Di nuovo, sofferenza, sacrificio e addirittura fallimento.

Ma un bel giorno si sparge la voce che il principe sta per sposarsi con la bella figlia del re confinante…

Qui il principe non rispecchia minimamente le caratteristiche del maschile che di solito troviamo nelle fiabe: azione, fermezza, coraggio, forza, stabilità. Anzi denota una certa volubilità e un’accettazione passiva degli eventi. Ne deriva una unilateralità: non c’è parità, non c’è scambio tra energia maschile e femminile. Non si troverà l’armonia, non avrà luogo il vero “matrimonio alchemico”. Secondo Jung, dal “matrimonio interiore” degli opposti all’interno della psiche (maschile / femminile, conscio / inconscio, divino / umano) nascerebbe il Sé, l’Archetipo della totalità, necessario al processo di individuazione. Insomma, niente finale felice, almeno non quello che ci aspetteremmo di solito.

Nel cartone animato tutto questo viene ribaltato: Eric è un giovane coraggioso, ha dei valori e lotta per il suo amore. Accoglie Ariel nella sua vita e nel suo castello, ed anche se non può parlare, è evidente che in alcuni momenti intravede in lei qualcosa. Nel film si pone un’ulteriore attenzione al personaggio, viene ampliata la sua storia personale, è presente anche la madre, mai citata prima. Un ulteriore voce femminile che incarna quasi una sorta di coscienza.


Il finale: ciò che più si discosta tra le trame.


Iniziamo dall’unica cosa in comune: la sirenetta salva il principe, il femminile che salva il maschile. Abbiamo già un messaggio importante: bilanciamento tra i ruoli, emancipazione. Quando una fiaba viene trasformata in animazione o film perde di solito il suo carattere crudo, ma soprattutto vengono completamente ribaltati dei concetti che rendono invece il contenuto fiabesco carico di simboli e significati per la psiche. Qui abbiamo tre diversi tipi di emancipazione:


  • Nella fiaba la Sirenetta desidera l’Anima, quella parte autentica dell’essere che gli umani possiedono e che permette loro di essere immortali. Vi è quindi un mistero in tutto questo che la attrae e le crea l’anelito necessario alla ricerca di Sé. È vero, successivamente proietta sul principe questa ricerca, ma riesce a rendersi libera quando sceglie di non ucciderlo, unico modo per salvarsi dato che lui non contraccambiava il suo amore. Ecco invece emergere il Vero Amore, attraverso il sacrificio, ma non quello che solitamente intendiamo, che ci porta a sopportare o subire a favore di qualcun altro. Qui troviamo la vera definizione: dal latino sacrificium, sacer + facere, "rendere sacro", compiere un'azione che celebra, che cura, che dà un senso e un valore a se stessi e alla vita. Sacrificio significa con-sacrazione, rendere sacro ciò che non lo è, per metterlo a disposizione in tutta la sua pienezza. Significa trasmutare e sublimare la propria natura fino a condurla ad una pienezza e saggezza senza tempo. (Assagioli). Cosa fa la Sirenetta: sacrifica la sua vita per quella del principe? No, ascolta la voce interiore dell’Anima che ritrova attraverso questo gesto, rende sacro l’incontro con l’altro permettendosi di evolvere. Se per qualcuno è schiuma ciò in cui si trasforma, per me è ritorno all’origine, è ritorno al Sé, è Unione con l’Essenza. Può sembrare un finale tragico, ma in realtà la sua bontà la premia e il legame con le sorelle, che a loro volta si sacrificano per lei, le fa acquisire uno stato di elevazione e serenità.

  • Nel cartone animato accade che durante la tempesta, nel vortice provocato da Ursula una volta acquisito il potere della corona, Eric riesce a prendere il controllo di un vecchio veliero emerso in superficie e la uccide, liberando tutti. Ecco il maschile che agisce e salva a sua volta, non solo Ariel ma tutto il contesto. Un finale quasi “classico” per certi versi, in cui la principessa ritrova alla fine un ruolo “femminile” e tutti vissero felici e contenti.

  • Nel film accade qualcosa di diverso: è Ariel che uccide Ursula prendendo il comando del veliero. Ribaltamento completo dei canoni disneyani, già modificati dalla carnagione di Ariel, di cui si è tanto discusso ma di cui scelgo di non parlare perché, a mio avviso, il simbolismo verte su altre cose. Indipendenza o estremizzazione dell’emancipazione? Il messaggio sembra dire “non ho bisogno che di me stessa”, “non ho bisogno che nessuno mi salvi”. Ognuno vedrà attraverso i propri occhi. Io, se da una parte leggo una sana rivendicazione di indipendenza ed individuazione, dall’altra scorgo qualcosa che non mi è ancora completamente chiaro, forse perché negli ultimi anni alcuni concetti legati al genere e ai ruoli sono stati enfatizzati molto, quasi distorti. Anche qui comunque troviamo un finale felice: principe e principessa si sposano ed i due mondi, terrestre e marino, hanno modo di superare i conflitti e trovare l’armonia.

Non può mancare un ultimo parallelismo simbolico tra terra e mare, tra conscio ed inconscio: il viaggio dell’eroina è arrivato ad un punto tale che i due mondi interiori trovano contatto ed inizia una nuova era. Ma il viaggio non finisce mai… nuove tempeste e nuove albe sono pronte per essere scoperte e vissute.



A cura di Silvia Nicolardi per Rigenera Life (www.rigeneralife.com)

Counselor olistico, scrittrice




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