L’Ombra è uno dei concetti chiave della psicologia junghiana e da sempre è oggetto di interesse e ricerche continue. Se cercassimo delle definizioni di Ombra, troveremmo parole tipo: parte non illuminata, zona buia, parte oscura, semioscurità, oscurità, buio, tenebre, apparenza, parvenza, velo, spettro, spirito, fantasma, simulacro, segreto, segretezza, mistero, (per estensione) difesa, protezione, riparo ecc. Effettivamente, pensandoci, sono tutte caratteristiche di qualcosa che non è tipicamente “alla luce”, che non è chiaramente comprensibile dalla razionalità o dalla logica, qualcosa che in qualche modo sfugge al controllo della mente ordinaria.
Scrive Carl Gustav Jung: “(…) Allora capii che nell’anima, fin dalle sue prime origini, c’è stato un anelito alla luce e un impulso inestinguibile ad uscire dalla primitiva oscurità. (…) L’anelito alla luce è l’anelito alla coscienza”… “Non raggiungeremo mai la nostra totalità, se non ci assumiamo l’oscurità che è in noi, poiché non c’è corpo che, nella sua totalità, non proietti un’ombra, e questo non in virtù di certi motivi ragionevoli, bensì perché è sempre stato così e perché tale è il mondo.” “La luce ha senso solo in relazione all’ombra, solo se illumina l’oscurità.”
In psicologia la Luce è da sempre stata un simbolo della coscienza ed è proprio grazie alla luce che possiamo conoscere il mondo materiale, il mondo della coscienza, il mondo dei sensi, il mondo così come lo vediamo e viviamo “fuori da noi”. La luce veicola l’informazione, la luce rischiara l’oscurità, la luce illumina l’ignoto. Questo illuminare, di qualunque natura esso sia, prodotto da un uomo, un dio, il sole o una lampadina, ha sempre il medesimo effetto: ci consente di guardare, di vedere. Nel buio non possiamo vedere nulla, a meno che non ci sia una luce. La luce è quindi strettamente legata alla conoscenza. Ad un livello sia fisico, che psicologico e filosofico, non possiamo conoscere la luce senza che ci sia qualcosa da illuminare, senza che ci sia un’oscurità, un’ombra. Non potremmo in effetti neanche vedere una luce se attorno non fossimo circondati da qualcosa che fa da contrasto alla luce stessa, ovvero dal buio. È questo un tema fortemente archetipico. Parlando in senso junghiano, l’Ombra rappresenta quindi il lato nascosto, potenzialmente pericoloso e distruttivo, della personalità. È quindi il negativo, l’inaccettabile, l’impulso, l’istinto, tutto ciò che appare incompatibile con l’atteggiamento consapevole, con la persona o personalità cosciente. Questa idea di una “entità negativa”, estranea, nemica, quasi da demonizzare è un concetto utilizzato a livello culturale sia dal singolo individuo che dai gruppi, soprattutto nelle religioni e nei culti. Infatti, in termini di economia psichica, ci è più facile isolare, far tacere o addirittura combattere il male, l’inaccettabile, l’inferiore. Tutti quegli aspetti negativi di noi, che abbiamo sempre ritenuto tali, spesso anche rinnegandoli. Lo facciamo sia collettivamente che a livello soggettivo intrapsichico: neghiamo la nostra Ombra proiettandola sugli altri, evitando così di affrontare noi stessi. Nonostante la fama di demone interiore, l’Ombra è però anche intessuta di istinti normali, reazioni appropriate, percezioni realistiche, impulsi creativi, come ha annotato proprio Jung evolvendo il concetto di questa caratteristica universale della psiche umana, di questo archetipo. Perché dovremmo dare attenzione a questa parte così pericolosa che vive dentro di noi? Non è meglio lasciarla lì tranquilla a dormire? No, perché un aspetto essenziale nel processo di individuazione risulta essere proprio la scoperta e l’elaborazione dell'Ombra. Ad esempio quante volte sarà capitato nell’arco della vita di sperimentare quella famosa “antipatia a pelle”? Queste reazioni “ingiustificate” sono quasi sempre il frutto della proiezione della propria Ombra. Il riconoscimento di tale proiezione costituisce la via primaria per la ricognizione dell’Ombra. Rifiutando la propria Ombra ci si condanna a vivere una vita parziale. Come osserva Jung, l'Ombra abbandonata al negativo è costretta, per così dire, ad avere una vita autonoma senza alcuna relazione con il resto della personalità. Così facendo ogni autentica maturazione dell'individuo è impedita, dal momento che l'individuazione comincia appunto con la ricognizione e integrazione dell'Ombra.
L’uomo tende a dimenticare la sua parte oscura, convinto che essa appartenga ad uno stadio infantile, passato oppure semplicemente a qualcun altro, non la riconosce come parte di sé. Ma nonostante la sua dimensione sociale, civile, secondo Jung nel nostro intimo siamo tutti dei primitivi. C’è una parte nell’uomo che non gli permette realmente di rinunciare alle sue origini e un’altra che, invece, gli conferisce la sensazione di aver superato da tempo una simile fase. Quest’altra parte è la coscienza che, formatasi e distaccata da quello stato primitivo, selvaggio, incosciente, rende quest’ultimo oggetto, altro da sé, degno di critica e disprezzo.
In uno dei miei libri (“Archetipi nelle fiabe”) prendo in esame come il nostro Io sia costantemente alla ricerca dell’incontro con tutte le parti della personalità. Ricerca se stesso attraverso gli altri, attraverso gli eventi e gli incontri che costellano la sua vita. Nel caso del mio libro ho analizzato la fiaba del Piccolo Principe ed i suoi incontri archetipici, ma ci sono tanti altri esempi di letteratura e filmografia che sono molto validi per chi vuole iniziare a capire quanto siamo complessi e quanto sia importante dare voce a tutte le parti dentro di noi. “Split”, ad esempio, è un film del 2016 diretto da M. Night Shyamalan. Egli ha sviluppato la sua sceneggiatura su un soggetto liberamente ispirato alla figura di Billy Milligan, un criminale statunitense affetto da disturbo dissociativo dell'identità. Nel film, Kevin, un uomo con 23 diverse personalità, rapisce tre ragazze. I tentativi di fuga delle sventurate sono vani mentre le diverse identità del protagonista combattono per venire alla luce, alcune in particolare si contendono il controllo delle altre.
Chiaramente questo è un esempio di caso patologico di disturbo dissociativo dell’identità in cui vi è la presenza di due o più stati di personalità distinti (Criterio A DSM5) e ricorrenti vuoti nella rievocazione di eventi quotidiani, di importanti informazioni personali e/o di eventi non riconducibili a normale dimenticanza (Criterio B DSM5). Esperienze traumatiche cumulative in cui la vittima è impotente rispetto alla possibilità di sottrarsi ad una forza soverchiante, generano un trauma psichico. La risposta a questo trauma complesso ripetuto nel tempo può portare alla disgregazione dell’identità.
Si stabilisce un vero e proprio distacco dall’esperienza di sé e del mondo esterno e un deficit delle funzioni metacognitive che comporta un’interruzione dell’autoconsapevolezza e della capacità di ordinare in modo coerente e integrato l’esperienza. Ne deriva la molteplicità non integrata degli stati dell’Io che caratterizza la dissociazione patologica (Liotti e Farina, 2011). Le strategie che sono messe in atto da Kevin sono di tipo controllante e hanno come obiettivo il proteggersi dal caos, dall’impotenza e dalla paura che sono caratteristiche della disorganizzazione. Le personalità prevalenti assumono il controllo per proteggerlo, con marcati tratti ossessivi, atteggiamenti ostili, dominanti e umilianti. Le strategie di Kevin sono delle difese che vorrebbero impedire alla Bestia (appunto la nostra Ombra più oscura) di emergere, e sono anche difensive rispetto al riemergere del triangolo drammatico vittima, persecutore, salvatore.
Questo film rappresenta chiaramente cosa accade quando non “diamo la luce” alle parti di noi che chiedono di essere ascoltate. Ripeto che qui siamo in ambito patologico, ma nel nostro piccolo, all’interno della nostra psiche, tutte queste parti esistono e richiedono attenzione. Ma quindi cosa fare nella pratica nella nostra vita quotidiana? Il nostro compito è prima di tutto accettare la nostra interezza e integrare “la nostra ombra” nella personalità, per renderla cosciente e lavorare su di essa, affrontandola. Trascurarla e permetterle di continuare ad operare nel suo universo incosciente, può privarci dell’equilibrio e dell’opportunità di essere felici. Le dinamiche che fanno parte di questo concetto sono le nostre paure, i traumi del passato, le delusioni, i sogni e i desideri non realizzati ecc. Se nascondiamo questi demoni interiori, essi acquistano forza e potere su di noi. Se li mettiamo a tacere finiscono per controllarci, proiettando molto spesso sugli altri un’immagine di noi stessi che non ci piace. È necessario un primo atto di coraggio che darà inizio ad un lavoro delicato, ma prezioso, per guarirci, per trovare la calma e raggiungere il benessere. I problemi correlati all’ombra si manifestano nel sintomo e sono i primi che richiedono l’attenzione. Spesso sono il motivo che spingono la persona a chiedere aiuto. L’ombra viene percepita come un insieme di aspetti inaccettabili e avvolti da emozioni negative quali l’aggressività, l’invidia, la pigrizia, la gelosia, la vergogna. La consapevolezza della propria ombra avviene attraverso un processo di introspezione e aumenta di fatto le potenzialità del soggetto, a tutti i livelli. Nella mia pratica professionale studio e sperimento sempre nuovi modi per dare voce all’Inconscio e posso affermare che tutto ciò che riguarda l’arte, dalle immagini ai suoni, a tutto ciò che può rivelarsi utile in questo ambito, costituisce un mezzo efficace e piacevole per raggiungere questo scopo. Uno dei modi attraverso cui le parti della personalità si manifestano è attraverso i sogni. Per questo motivo è molto importante, quando si ricordano, non sottovalutare il loro contenuto, magari annotarlo: la mente inconscia cerca sempre di raggiungere il conscio e portare informazioni rimaste appunto “in ombra”.
L’Ombra è un archetipo potente, è il contenitore di tutto quello che ci è mancato nel bene e di tutto quello che abbiamo ricevuto nel male. É quindi il nostro Alter Ego, il Nemico, l’Antagonista, quello che nei miti e nelle fiabe interpreta il ruolo del cattivo e che spesso viene rappresentato sotto forma di mostro, drago o demone. Ogni nostra sofferenza deriva dal venire sopraffatti dall’aspetto negativo di un archetipo (il lato Ombra) che dobbiamo imparare prima a vedere e riconoscere, e poi a dominare, contrastare, opporgli resistenza. La maggior parte della nostra Ombra deriva dalla repressione delle emozioni che scivolano nell’inconscio e diventano sempre più potenti perché non le viene permesso di esprimersi: l’Io deve imparare a riconoscere le emozioni e ad esprimerle nel modo più funzionale per lui, perché solo così può contattare le parti della psiche che si trovano ad un livello più profondo.
Articolo pubblicato sulla rivista ufficiale di Feditalimprese Piemonte
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